Scadora della Chiesa Vecchia (Castiglione dei Pepoli)
Bosco di castagni (Greglio – Camugnano), aprile 1997

Fino a qualche decennio fa la castagna era pane quotidiano per il montanaro e nel contempo moneta di scambio con altri prodotti, alimentari e non, che in alta quota non si producevano.
La raccolta avveniva all’inizio di ottobre, tradizionalmente dopo la ricorrenza di San Michele (San Michele, la castagna nel paniere), e si protraeva per qualche settimana, in relazione all’altitudine, all’esposizione dei boschi e alla varietà delle piante. In tale periodo i castagneti, sapientemente curati nel corso di tutto l’anno, si popolavano di raccoglitori di ogni età che manualmente provvedevano alla raccolta dei frutti. Con somari, o a spalla, si trasferivano le castagne raccolte alle scadòre (gli essiccatoi), piccole strutture di pietra edificate direttamente nel bosco
e nei pressi delle abitazioni.
L’essiccatoio era una struttura a due piani: nella parte bassa una porta dava accesso alla stanza dove si accendeva il fuoco; la camera superiore era invece adibita allo stoccaggio delle castagne che giorno dopo giorno vi venivano riversate. Separava i due ambienti un graticcio costituito da travi portanti che reggevano una lunga serie di regoli, piccole asticelle di legno di castagno che sostenevano la massa delle frutti raccolti e nel contempo permettevano la circolazione dei fumi caldi prodotti dal focolare. Nella parte alta si trovavano finestre di aerazione, una delle quali talora poteva essere utilizzata per il carico delle castagne.
Il fuoco veniva accesso all’inizio del ciclo di essiccazione (castendura) e si manteneva fino alla sera precedente lo svuotamento. Si alimentava con legname dato da vecchi castagni, che non produceva una fiamma eccessiva, risultato che si perseguiva anche coprendo il focolare con pula, cioè la buccia delle castagne essiccate l’anno precedente, che veniva gelosamente conservata.
Di norma il ciclo di essiccazione di protraeva per 40-50 giorni: nelle prime tre settimane si caricavano le castagne; passati poi dieci giorni, queste venivano girate, in modo che quelle in basso, maggiormente esposte al calore, lasciassero il posto a quelle superiori ancora umide. Dopo altri altri dieci giorni, se le castagne erano sufficientemente essiccate, si procedeva alla lavorazione
finale. Si liberava la stanza inferiore e vi si facevano cadere le castagne. Queste, con una particolare mazza di legno (mazzangola) venivano percosse ripetutamente al fine di sbucciarle. Venivano
poi trasferite in bigongi di legno e ulteriormente lavorate con un asta che recava in testa alcune corone dentate di ferro, al fine di separare la sottile pellicola interna.
Con appositi vassoi (vassora), similmente alla lavorazione dei cereali, con abile movimento alternato si eliminavano completamente i materiali di scarto. Le castagne erano così pronte per essere portate al mulino: qui si macinavano sotto ruote di pietra per ottenere la farina utilizzata in molteplici preparazioni alimentari. La farina si conservava per mesi, fortemente pressata in cassoni di legno.