Centro di Cultura Paolo Guidotti di Castiglione dei Pepoli


Il Centro di Cultura "Paolo Guidotti" di Castiglione dei Pepoli rappresenta uno dei più importanti poli culturali dell'Appennino bolognese. Ospita una biblioteca, una sala per incontri e una struttura museale che racconta l'Appennino bolognese dalla preistoria al secolo scorso. È stato inaugurato il 5 aprile 2014 per volontà dell'amministrazione comunale che ha così riprogettato gli spazi che ospitavano in precedenza una scuola elementare. The Cultural Centre “Paolo Guidotti” in Castiglione is one of the most important cultural centres in the Bolognese Apennines. It hosts a library, a meeting room and a Museum which tells about the Bolognese Apennines from the Middle Ages to the last century. It was opened by the Municipal Administration, on April 5th 2014. They redesigned the space of a former elementary school.

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Orari di apertura - Visiting Hours

  • Dal lunedì al venerdì

    dalle 8,30 alle 12,30

  • Per le scuole, solo su appuntamento
  • Domenica

    dalle 15 alle 18

  • Aperto a tutti
  • From Monday to Friday

    from 8,30 am to 12,30 pm

  • Schools only, by appointment
  • Sunday

    From 3 pm to 6 pm

  • Open

I primi insediamenti

L’area dell’odierno comune di Castiglione dei Pepoli si estende, in provincia di Bologna, per 65,80 chilometri quadrati nelle valli dei torrenti Brasimone, Setta e Gambellato. L’attuale assetto territoriale risale al periodo postnapoleonico (Restaurazione) quando alle pertinenze dell’antico feudo dei Pepoli vennero aggregate Creda e Lagaro, precedentemente appartenenti allo Stato della Chiesa.
Alcune aree sono state frequentate dall’uomo fin dall’antichità. Tracce di un insediamento etrusco e poi celtico furono rinvenute a Lagaro in località Rampa; l’abitato, presso cui forse si trovava una struttura sacrale, sorgeva lungo un’importante direttrice stradale che collegava l’area della Toscana meridionale (attiva nella produzione metallifera) alla costa adriatica dove sorgeva Spina, importante città portuale nei pressi del delta del fiume Po. Nel 1889, nel podere Ca’ delle Macchie, a poca distanza dal precedente insediamento, si ritrovarono cinque tombe ad inumazione di età romana. Rinvenimenti di materiali archeologici di età romana sono attestati anche in altre zone del territorio comunale.

Il castiglionese dei ‘secoli bui’

L’invasione longobarda interessò l’alto Appennino bolognese già alla fine del VI secolo, attestando la linea di confine nella media montagna, toccando anche l’abitato di Confi enti, a nord di Lagaro, e procedendo verso est in direzione di Montorio, dove sorgeva la Pieve di Sambro.
Risalgono però all’XI secolo le prime attestazioni documentarie di località del castiglionese. La rinascita del Mille rinvigorì gli scambi di merci e persone, riattivando le comunicazioni stradali, aumentando la popolazione e di conseguenza le aree antropizzate. A queste dinamiche si deve la nascita di alcune attuali frazioni, che ricordano nel nome iniziative di disboscamento e nuove fondazioni: Rasora è riconducibile al termine ‘radura’, terreno pulito e piano contornato dal bosco; Roncobilaccio sarebbe nato quale avamposto di agricoltori o boscaioli che strapparono terre alle selve (ronco deriva dal verbo latino runcare, con riferimento a ‘luogo disboscato’, e quindi terreno coltivato, o anche pascolo; bilaccio, deriva dal termine villaggio, piccolo agglomerato di case).
Baragazza è ricordata come sede pievana dal 1084, coinvolta in una diatriba tra il vescovo di Firenze e quello di Bologna a cui cercarono di porre soluzione i signori laici di quelle zone, i conti Cadolingi di Pistoia. La località fu sede anche di un importante castello, attestato dal XIII secolo, lungamente conteso tra i conti Alberti di Prato e il Comune di Bologna.
La curia di Castiglione e diversi suoi abitanti ricorrono più volte nelle carte della Badia di Montepiano dalla metà del XII secolo e anche qui si erse un possente castello, ad opera verosimilmente dei conti Alberti di Prato che dopo il 1113 succedettero ai Cadolingi nel controllo della zona. A loro appartenne anche Sparvo, come ricorda un diploma di Federico Barbarossa del 1164. Anche il fortilizio di Castiglione fu teatro di aspre
battaglie tra vari rami della casata albertesca e quindi tra il ramo degli Alberti di Mangona e il Comune di Bologna, che dal XIII secolo espanse sempre più il proprio controllo all’alta montagna.
Un insedimento castrense e una curia (centro amministrativo) vi furono anche a Creda, ricordati nelle carte di Montepiano dal 1118. La località apparteneva agli Stagnesi,
un’antica stirpe della nobiltà minore, attiva tra le valli delle Limentre quella del Brasimone. A tale progenie doveva appartenere il nobile Federico, ricordato nei primi estimi della comunità, imposti dal Comune di Bologna, e risalenti al 1245.

Il trapasso tra Medioevo e feudo pepolesco

Nel 1340 Giacomo e Giovanni, figli di Taddeo Pepoli già signore di Bologna, acquistarono dal conte Ubaldino degli Alberti di Mangona il castello di Castiglione dei Gatti, con Sparvo e Baragazza, territori che vennero loro infeudati dall’imperatore Carlo IV nel 1369. Ma fu necessario più di un secolo perché i nobili bolognesi ottenessero il pieno possesso del feudo: solo alla fine del XV secolo venne organizzato con regole e statuti e si diede avvio alla costruzione del palazzo comitale, oggi residenza municipale. Il feudo dei Pepoli cadde sotto le spinte rivoluzionarie francesi nel 1796. Dopo il Congresso di Vienna i Pepoli non riacquisirono le antiche giurisdizioni: il territorio già feudale, con Creda e Lagaro formò l’attuale circoscrizione amministrativa sotto lo Stato della Chiesa.

Il popolamento antico tra Setta e Brasimone

La presenza umana lungo la valle del Setta è testimoniata dalla media Età del Bronzo (XVII-XIV sec. a.C.), con il ritrovamento nel 1881 di 43 asce di bronzo a Rocca di Badolo: oggetti dai precisi connotati strumentali ed ecomici nonché recanti anche un valore sacrale e premonetale.
Con la fine del IX – inizi dell’VII secolo a.C. anche a sud del Po si assistette alla nascita di un capillare tessuto insediativo, che coinvolse anche la fascia pedemontana dell’Appennino tra il Reno e i torrenti Savena e Idice. A questo periodo risalgono i rinvenimenti di Santa Maria Villiana (Gaggio Montano) e Poggio Gaggiola (Castel di Casio), dove sono stati individuati i resti di un insediamento a capanne.
Nel corso del VII secolo il territorio a sud di Bologna si addentrava moderatamente nelle  diverse valli appenniniche, ad eccezione della Valle del Reno sulla quale il controllo era più capillare ed esteso a tutta la valle, nella quale si snodava la via che metteva in comunicazione Bologna con l’area tirrenica.
Le componenti autoctone di origine ligure mantenevano il controllo delle zone più alte, mentre la media montagna si apriva ad iniziative di popolamento villanoviano, come quella di Villa le Croci a Scascoli (Loiano), dove nel 1882-1883 si rinvennero un gruppo di tombe a cremazione del Villanoviano III (750- 680 a.C.) e IV (680-530 a.C.).
Di particolare rilevanza è poi il ripostiglio di 14 asce di bronzo scoperto nel 1964 a Burzanella, dello stesso tipo di quelle, più antiche, di Rocca di Badolo.

A Cinghione (Camugnano) un’ascia di bronzo della media Età del Bronzo veniva utilizzata ancora come strumento di taglio in età moderna.
Tra i siti riferibili all’età antica si possono ricordare anche quelli dell’alto bacino del Reno e dei suoi confluenti: Santa Maria di Villiana, Monte della Croce, Poggio Gaggiola, Rocca di Roffeno. Altri di più recente scoperta sono Monte Bastione nell’alta valle del Savena, Monte Bibele e Monterenzio vecchio nella valle dell’Idice.

Si tratta di insediamenti d’altura mirati al controllo territoriale e delle percorrenze e allo stesso tempo legati a risorse ambientali favorevoli all’allevamento e alla caccia.
Il periodo etrusco coincise in Appennino con la definitiva affermazione della via del Reno come direttrice principale verso la Toscana e della città di Marzabotto (Kainua), che estese la sua influenza alle aree circostanti: Sperticano e Sibano nella valle del Reno; Montorio (Monzuno), dove sono state ritrovate alcune statuette bronzee a figura schematica attribuite al V sec. a.C., e Ca’ d’Onofrio (Castiglione dei Pepoli) presso cui sono state rinvenute alcune sepolture. Importanti reperti di epoca etrusca provengono dalla zona tra Montovolo e Monte Vigese: Monteacuto Ragazza fu sede di un piccolo santuario, dalla cui stipe votiva si hanno diverse statue enee antropomorfe, due delle quali, raffiguranti devoti offerenti, mostrano una pregevole fattura. Dalla località Querzé di Burzanella (Camugnano) vengono infine 14 asce di bronzo in ottimo stato di conservazione.
Particolare rilievo assumono i ritrovamenti, nei pressi di Lagaro (Castiglione dei Pepoli), effettuati negli anni Ottanta dell’Ottocento durante i lavori di realizzazione della nuova strada nazionale per Bologna. Tra Pian di Setta e Lagaro, sulla cresta del monte, sono state scavate nel settembre 1881 alcune tombe di epoca etrusca da cui diverse suppellettili. L’abitato, presso cui doveva forse trovarsi un’area sacrale, sorgeva lungo un’importante direttrice stradale che collegava l’area della Toscana meridionale (attiva nella produzione metallifera) alla costa adriatica. Ad un epoca più tarda fanno riferimento invece i ritrovamenti effettuati preso la vicina località di Confienti (Castiglione dei Pepoli), che attestano varie sepolture di età gallica contenenti corredi funebri riferibili alla cultura etrusca, anche con materiale ceramico grezzo forse prodotto in loco. L’arrivo delle popolazioni celtiche si inserì in un ambito etnico piuttosto composito, con i Liguri che presidiavano le parti più alte delle pendici appenniniche ed Etruschi e Umbri nelle zone collinari e di pianura. L’affermazione dell’abitato di Monte Bibele (Monterenzio) coincise con l’abbandono della direttrice viaria di lunga percorrenza della Valle del Setta, a cui venne preferito un tracciato più orientale. All’età gallica apparrengono i frammenti di grandi olle o
giare rinvenute a Ca’ Vidola (Camugnano) nel 1878.
Nella complessa organizzazione del popolamento celtico all’interno delle vallate appenniniche, se Marzabotto appare estraneo alle influenze del mondo greco-etrusco,
una fattoria legata allo sfruttamento rurale del territorio, un altro centro sempre più a sud, sempre nel bacino appenninico Brasimone-Setta-Reno e conosciuto come necropoli di Confi enti, rivela caratteristiche analoghe ai centri più orientali di Monte Bibele e Monterenzio Vecchio: grande ricchezza dei corredi, vasellame etrusco figurato a vernice nera, manufatti di metallo. A Confi enti abbiamo dunque testimoniata – per quanto mal conosciuta dagli scavi ottocenteschi – una realtà celtico-etrusca che ebbe un ruolo importante nel controllo delle direttrici commerciali dalla Toscana alla Pianura Padana fino a Spina e ad Adria (Vitali).
L’età romana portò un notevole incremento demografico nella zona di confluenza tra Reno e Setta, ove si realizzarono le opere di captazione dell’acquedotto di Bononia. Evidenze archeologiche, seppure sporadiche, si ritrovano anche più a sud: lungo la riva sinistra del torrente Brasimone, presso la confluenza con il Setta, si recuperarono nel 1909 i resti di cinque sepolture di epoca romana, da cui un vaso di bronzo contenente sette monete. Altri rinvenimenti di materiale ascritto all’età romana, ottocenteschi e piuttosto dubbi, sarebbero stati effettuati a Castiglione (Chiesa Vecchia), Rasora, Sparvo e Campiano (Piano del Voglio).

La visita a questo Centro è stata in assoluta la sorpresa più bella di questa giornata trascorsa a Castiglione per la Tartufesta